Dal  vangelo secondo Marco (Mc 1,7-11)

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»

Riflessione:

La festa di oggi è un altro Natale, un’altra Epifania. Dio, infatti, non si stanca di farsi vedere, perché tutti coloro che lo cercano lo possano trovare. È paziente, perché vuole essere accolto. È insistente, come un innamorato. Ma dobbiamo temere il doloroso e terribile: “Venne tra la sua gente ed i suoi non lo hanno accolto!”. Dio si mostra perché vuole aprire il cielo agli uomini della terra. Il cielo è il futuro, la felicità, la speranza che si realizza, la solitudine vinta, il dolore consolato. Il cristiano è uomo della terra, come tutti, come Gesù. Ma è anche uomo del cielo. Proprio come Gesù. Oggi è la festa del battesimo, festa della famiglia di Gesù, di coloro che lui rende figli, che rinnova perché lo siano davvero. Festa del cielo che si apre sulla terra. Tanti, tantissimi uomini sentono quanto è disumana ed insopportabile la terra e cercano una speranza: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. È la richiesta di questi tempi difficili e pieni di minacce. È la richiesta di chi è nel dolore e vede la malattia trasfigurare il corpo. È la richiesta di tanti anziani, la cui condizione ricorda la debolezza che è di tutti. È la richiesta di coloro la cui vita viene lasciata cadere, sballottata dal vento impietoso del male. E quanto è facile perdersi, lasciarsi andare, sentirsi un peso quando non si è amati!