Nicolao della Flüe (1417-1487), contadino di Sachseln e padre di dieci figli, nel 1467 si ritirò in solitudine nella gola di Ranft per vivere come eremita. Quando era ancora in vita si guadagnò la fama di essere un uomo timorato di Dio e di notevole saggezza ed era perfino considerato un santo vivente. Sia semplici contadini che nobili sovrani e politici si affidavano al suo apprezzatissimo consiglio

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 19, 27-29)

In quel tempo, Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».

Chiave di Lettura:

«Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque  ne  avremo?»  (Mt  19,27).  Quella  di  Pietro  è  spesso  la nostra  domanda.  Non  dobbiamo  necessariamente  interpretarla come  una  richiesta  interessata,  tesa  cioè  a  comprendere  quale potrebbe  essere  per  noi  la  ricompensa  o  il  guadagno.  Non  è  qui la  questione.  Se  abbiamo  seguito  il  Signore  è  perché  ci  siamo fidati della sua parola e abbiamo creduto nella sua promessa. La domanda  allora  diviene:  come  concretamente  la  tua  promessa, Signore,  si  attuerà  nella  nostra  vita?  Quali  frutti  porterà,  quali doni?

Gesù  risponde  con  l’immagine  del  centuplo.  «Chiunque  avrà  lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per  il  mio  nome,  riceverà  cento  volte  tanto  e  avrà  in  eredità  la vita eterna» (19,29). In che cosa consiste questo centuplo? Credo che  lo  possiamo  intendere  anche  in  questa  prospettiva:  si  tratta di  tornare  ad  accogliere  tutto  ciò  di  cui  si  intesse  la  nostra  vita concreta  –  cioè  le  relazioni,  gli  ambiti  vitali  del  nostro  impegno, gli  stessi  beni  di  cui  non  possiamo  fare  totalmente  a  meno,  anche  in  una  vita  povera  e  sobria  –,  riaccogliere  tutto,  ma  ora riconfigurato  dalla  nostra  relazione  con  il  Signore.